Basi giuridiche e conclusioni 10 AZR 121/24 analizzate

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Fatti e contesto della decisione

Con la decisione della Corte federale del lavoro (BAG) del 13 marzo 2024 (n. az.: 10 AZR 121/24) viene messo al centro dell’attenzione un principio del diritto del lavoro di notevole importanza per numerose aziende e lavoratori: i presupposti e le modalità relative alle clausole di restituzione dei costi di formazione. In sostanza, il procedimento verteva sulla legittimità di una disposizione contrattuale secondo la quale una lavoratrice sarebbe stata obbligata a rimborsare proporzionalmente i costi di formazione sostenuti dal suo datore di lavoro, qualora il rapporto di lavoro fosse terminato prima della scadenza di un periodo di vincolo stabilito.

Il caso riguardava l’opposizione a una richiesta di rimborso da parte di una lavoratrice che, dopo aver completato un corso di formazione e aver successivamente rassegnato le proprie dimissioni entro il periodo di vincolo previsto, era stata invitata al pagamento. L’aspetto particolare consisteva nel modo in cui tale vincolo era stato strutturato nel caso concreto e se la clausola contrattuale contestata fosse in grado di superare il controllo sul contenuto effettuato dal giudice.

Focus della decisione: requisiti per clausole di rimborso efficaci

Durata del vincolo e ammontare del rimborso

Il Tribunale del lavoro e successivamente il Tribunale superiore del lavoro hanno dovuto affrontare la questione se la clausola di rimborso rispettasse i principi di buona fede (§ 242 BGB) e la disciplina delle condizioni generali di contratto (§ 307 BGB). È decisivo che le clausole di rimborso per i costi di formazione siano fondamentalmente ammesse, a condizione che siano redatte in modo trasparente e ragionevole. La durata del vincolo, cioè il periodo entro cui può essere richiesta la restituzione, deve essere proporzionata ai costi sostenuti e agli interessi di entrambe le parti contrattuali.

La BAG ha precisato nella sua sentenza che una clausola di rimborso è, di norma, valida solo se impone al lavoratore un obbligo di restituzione in caso di cessazione anticipata, ma tale obbligo deve essere sufficientemente chiaro e riconoscibile dal lavoratore. Una clausola è in particolare inadeguata se non prevede adeguate distinzioni in base ai motivi della cessazione o se la durata del vincolo supera sensibilmente la media della permanenza in azienda.

Principio di trasparenza e distinzione in base ai motivi della cessazione

Un aspetto centrale della controversia era se e in che misura le clausole che non distinguono tra motivi di cessazione da parte del datore di lavoro e del lavoratore possano superare il controllo. La BAG sottolinea la necessità che solo le dimissioni volontarie o la cessazione imputabile al lavoratore possano comportare l’insorgenza dell’obbligo di rimborso. In caso di licenziamenti da parte del datore di lavoro, ad esempio per motivi di salute o aziendali, o per altre cause non imputabili al lavoratore, di regola non può essere richiesta la restituzione.

Rilevanza per la prassi e la stesura dei contratti

Margini di manovra per le aziende

Da ciò deriva per le aziende la necessità di formulare le clausole di rimborso con la massima attenzione e adattarle alle circostanze specifiche. È particolarmente rilevante la questione di quanto a lungo i lavoratori debbano vincolarsi al rapporto di lavoro in cambio dei costi sostenuti, senza essere indebitamente svantaggiati. Nella redazione contrattuale andrebbero previste regolamentazioni differenziate, che distribuiscano in modo equo i motivi di cessazione e l’onere del rimborso.

Inoltre, occorre garantire che tutte le pretese e le modalità di restituzione siano definite con sufficiente precisione e chiarezza nel contratto, al fine di prevenire future controversie.

Impatto sui contratti di lavoro esistenti e futuri

Soprattutto alla luce della recente giurisprudenza, assume crescente importanza la revisione dei contratti esistenti. Aziende e lavoratori sono ugualmente chiamati a verificare i contratti in essere e le future regolamentazioni sotto il profilo della trasparenza, dell’adeguatezza e delle distinzioni previste. In questo contesto, i diversi costi di formazione – da brevi corsi di aggiornamento a percorsi di qualificazione più estesi – possono richiedere una valutazione differenziata in termini di periodi di vincolo e modalità di restituzione.

Inquadramento nel contesto dell’attuale evoluzione del diritto del lavoro

Procedimenti pendenti e sviluppo della giurisprudenza

Il caso trattato mostra chiaramente che la giurisprudenza in materia di clausole di rimborso dei costi di formazione sta evolvendo e, con la progressiva differenziazione, si adatta sempre di più alla realtà della vita nei moderni rapporti di lavoro. La giurisprudenza rimane, in linea di principio, aperta alle esigenze sia del datore di lavoro sia del lavoratore, richiedendo però da entrambe le parti chiarezza, trasparenza e adeguatezza nella gestione degli investimenti finanziari nella formazione e nell’aggiornamento.

Prospettive

La decisione si inserisce in una discussione in corso sulla corretta formulazione degli accordi di restituzione e dovrebbe, sia per altri procedimenti sia per la prassi operativa, garantire in futuro una maggiore sicurezza giuridica.

Nota sulle fonti

L’articolo si basa sulla decisione pubblicata della Corte federale del lavoro (Az.: 10 AZR 121/24) nonché sui principi e le motivazioni disponibili sul sito web della Corte federale del lavoro: Decisione nel testo originale. Si tratta di un riepilogo che tiene conto dello stato attuale della procedura; eventuali sviluppi successivi o valutazioni giuridiche sono riservati.


Per aziende e lavoratori che incontrano incertezze riguardo la formulazione o la revisione di clausole di rimborso in relazione ai costi di formazione, può essere utile una valutazione legale individuale. Per ulteriori domande sugli argomenti trattati, gli avvocati di MTR Legal sono volentieri a disposizione.

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