Sentenza della Corte Federale del Lavoro del 20/08/2024 rafforza i datori di lavoro – Rif. n.: 3 AZR 285/23
In caso di conversione del salario in un piano pensionistico aziendale, i datori di lavoro devono versare un contributo. Tuttavia, nei contratti collettivi possono essere stipulati accordi diversi. Questo vale anche se il contratto collettivo è stato stipulato prima dell’entrata in vigore della prima legge di rafforzamento delle pensioni aziendali nel 2018, come emerge da una sentenza della Corte Federale del Lavoro del 20 agosto 2024 (Rif. n.: 3 AZR 285/23).
Parte del salario lordo del dipendente viene trattenuto nella conversione salariale a favore del piano pensionistico aziendale e versato direttamente dal datore di lavoro in una cassa pensione, un fondo pensione, una polizza assicurativa diretta o simili. Questo offre il vantaggio di ridurre l’imposta sul reddito e i contributi previdenziali, permettendo di investire il denaro per la pensione. Dal 2018 i datori di lavoro sono obbligati a trasferire almeno in parte i vantaggi ai dipendenti. Nei contratti collettivi, tuttavia, è possibile derogare a questa norma, secondo lo studio legale MTR Legal Rechtsanwälte, che fornisce consulenza, tra l’altro, nel diritto del lavoro.
Legge di rafforzamento delle pensioni aziendali in vigore dal 2018
La legge di rafforzamento delle pensioni aziendali, entrata in vigore il 1 gennaio 2018, punta ad ampliare e rafforzare le pensioni aziendali per garantire la previdenza pensionistica. Dal 2018, i contributi ai piani pensionistici aziendali che confluiscono in una cassa pensione, un fondo pensione o un’assicurazione diretta sono fiscalmente agevolati e, fino a un limite dell’otto percento della base contributiva della previdenza sociale obbligatoria, esenti dall’imposta sul reddito e fino a un limite del quattro percento esenti dalle contribuzioni sociali. Entro questi limiti, il salario trasformato confluisce quindi nel piano pensionistico aziendale al lordo come al netto.
Inoltre, dal 2022 i datori di lavoro devono versare un contributo del 15 percento del salario trasformato quando si utilizza la conversione salariale per il piano pensionistico aziendale.
Ruolo rafforzato delle parti sociali
Parallelamente, il legislatore ha rafforzato il ruolo delle parti sociali nella previdenza aziendale. Così, le associazioni datoriali e i sindacati possono derogare alle normative legali e concordare modelli pensionistici aziendali individuali nei contratti collettivi.
La Corte Federale del Lavoro (BAG) ha ora stabilito con una sentenza del 20/08/2024 che si può derogare alla normativa sul contributo datoriale per il piano pensionistico aziendale anche se il contratto collettivo è stato stipulato prima dell’entrata in vigore della prima legge di rafforzamento delle pensioni aziendali il 1 gennaio 2018.
L’attore reclama il contributo del datore di lavoro
Nel caso di specie, l’attore era impiegato presso il datore di lavoro convenuto dal 1982. Al rapporto di lavoro si applica il contratto collettivo vigente dal 2009 per la previdenza aziendale tra l’associazione regionale della bassa Sassonia e Brema dell’industria della lavorazione del legno e della plastica e il sindacato IG Metall. Sulla base di questo contratto collettivo, dal 2019 l’attore ha trasformato il salario in un piano pensionistico aziendale. Il contratto collettivo concedeva ai dipendenti che trasformavano il salario un importo base aggiuntivo per la previdenza di età pari a 25 volte il salario di riferimento di un operaio specializzato.
Dal gennaio 2022, l’attore ha richiesto inoltre, oltre al salario trasformato, il contributo del datore di lavoro secondo il § 1a par. 1a BetrAVG pari al 15 percento. Riteneva che nel contratto collettivo non fosse stato stipulato un regolamento divergente e che il diritto al pagamento del contributo del datore di lavoro non potesse essere escluso da un accordo contrattuale collettivo stipulato prima dell’entrata in vigore della prima legge di rafforzamento delle pensioni aziendali il 1 gennaio 2018.
La causa fallisce anche in ultima istanza
Come già nei gradi di giudizio precedenti, la causa è fallita anche nel procedimento di revisione presso la BAG. La terza sezione della Corte Federale del Lavoro ha chiarito che le disposizioni divergenti nei contratti collettivi possono essere valide anche quando gli accordi contrattuali sono stati stipulati già prima del 1 gennaio 2018. Pertanto, l’attore non ha diritto al contributo del datore di lavoro del 15 percento.
Se un datore di lavoro può evitare interamente un contributo nei vecchi contratti collettivi, laddove nel contratto non fossero state concordate disposizioni sulla previdenza aziendale, la BAG tuttavia non l’ha chiarito. Anche su questo punto si stanno dunque svolgendo negoziazioni presso la BAG.
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